Biologico o no?

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Dal fruttivendolo la gente non chiede: questi prodotti sono buoni? Saporiti? Sani?  Chiede: voglio della frutta e della verdura bella. Sono due modi di ricercare degli alimenti completamente diversi. Certo anche l’occhio vuole la sua parte, ma la bontà e la genuinità sono molto più importanti. In natura ogni frutto è una cosa a sé, nella stessa pianta non ci sono due frutti uguali e ogni frutto ha un gusto suo, si può tranquillamente affermare che sono l’opposto di noi.  In questa società moltissimi cercano di essere tutti identici agli altri, stessa moda, stessi colori, stessi ambienti…. La natura no ci offre un frutto sempre differente sempre unico, ci fa cogliere il fatto che siamo anche noi unici e non degli imitatori. 
Per avere delle mele tutte belle uguali, dello stesso colore e stessa calibratura (poco gusto) bisogna intervenire con procedimenti che con la nostra salute non hanno a che fare, si scontrano e sono i trattamenti chimici che poi lasciano residui nel prodotto che consumiamo.  
Cosa vuol dire biologico? Biologico significa la coltivazione di verdure, cereali, frutta, ecc., senza l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, ma con l’utilizzo di prodotti naturali e non nocivi per noi e per l’ambiente e che diano la possibilità di avere dei raccolti soddisfacenti e sani, rispettando i tempi naturali, e usando tecniche di coltivazioni in armonia con l’ambiente e con noi stessi. 
Il chimico utilizza sostanze chimiche di sintesi e diventa inevitabile trovarle poi come residui negli alimenti, inoltre in agricoltura chimica queste sostanze sono usate massicciamente anche quando non servono.  Se leggiamo le statistiche vediamo che ogni persona consuma al mese circa 15 Kg tra frutta e verdura, nel contempo accumula nel proprio organismo ogni mese circa 2,8 mmg di pesticidi di vario tipo. Non c’è nessun studio sugli effetti di questi micidiali miscugli.  Il nostro organismo non riconosce le sostanze chimiche di sintesi e invece di eliminarle le accumula. Ricordiamo che la crusca è la pattumiera dei pesticidi, il punto dove si accumula di più, dunque tra un cereale non biologico e uno “brillato” è consigliabile il brillato, questo vale anche per la pasta tra bianca e integrale. Il raffinato non sarà equilibrato ma almeno si evitano molti pesticidi. La storia degli esami fatti per individuare i residui dei pesticidi diventa una barzelletta.
Studi di cosa succede nel nostro organismo quando introduciamo pesticidi e ormoni sono sporadici ed insufficienti.   Conosciamo alcuni principi di reazione che normalmente non sono approfonditi. 
Nell’agricoltura moderna sono utilizzati molti principi attivi chimici di sintesi, che non si trovano in natura, differenti che possono generare questi risultati:
pesticida  A  +  pesticida  B       si annullano le reazioni
pesticida  A  +  pesticida  B       si sommano le reazioni          1+1= 2
pesticida  A  +  pesticida  B       si moltiplicano le reazioni     1×10= 10
La maggior parte dei pesticidi non ha studi approfonditi di cosa genera il contatto con altri pesticidi… E poi ci chiediamo come mai siamo una società sempre più malata?
Negli USA moltissime bambine si ritrovano ad avere il ciclo mestruale regolare a 5 anni di età, pensate che gli ormoni usati in quantità in agricoltura chimica non centrino in questo disastro? 

Tempi e modi delle analisi.
Il concime chimico dà prodotti generalmente squilibrati con molto potassio e poco magnesio. Troppo potassio intensifica patologicamente le secrezioni in genere e l’acidità gastrica, diminuisce la pressione sanguigna; poco magnesio crea un’alterazione che favorisce il cancro. Quello che diventa più preoccupante è che il continuo uso di sostanze chimiche nelle colture sta impoverendo sempre di più i raccolti di magnesio.
C’è una notevole differenza tra il prodotto biologico e il prodotto chimico, ecco alcuni esempi:

Vitamine in 100 gr di grano a peso secco

 BiologicoChimico NPKDifferenza 
Tiamina (B1)951,00451,70100%
Riboflavina (B2)  mg/100268,00120,00131%
Ac. Nicotinico      mg/100           89,6054,8063%

Sostanze contenute nei pomodori  (mg/100 gr peso secco)

 Biologico    Chimico NPK
Calcio     23,004,5
Potassio   148,0059,80
Sodio                                           6,50,00
Manganese59,204,5
Cobalto0,630,00
Ferro1,940,00
Rame0,060,00

Spinaci mg/100 gr di prodotto secco

 Biologico   Chimico NPK 
Ferro158419 
Rame325 
Manganese1171 

Pure l’Istituto Nazionale della Nutrizione se n’è accorto, affermando che dalle analisi risulta che il grano biologico è migliore di quello chimico. Meglio tardi che mai. Nel 1974 il Governo Federale della Germania ha condotto un’indagine alimentare; risultava che il 70% di tutti i bambini in età scolare soffriva di carenza di vit. B1. La vit. B1 è indispensabile all’uomo per poter condurre a conclusione il ricambio degli zuccheri nel cervello, nei nervi e nella muscolatura. In questo caso serve come catalizzatore, come enzima o come fermento. La carenza di vit. B1 ha come conseguenza pratica che cervello e nervi non possono venire nutriti nel modo giusto. Conseguenze: carente capacità di concentrazione, nervosismo e debolezza di volontà. La mancanza della vit. B1 è ancora maggiore nei cereali raffinati. Questi ultimi, inoltre, portano a perdere la potenza creativa e ciò che è artistico diventa indifferente; per questo basta guardarsi attorno per vedere quanto poco buon gusto ci sia. Quello che colpisce di più è che l’uomo arriva a pensare secondo binari preesistenti.
Qualche altro dato ben renderci conto della differenza tra prodotti coltivati con la chimica e i prodotti biologici, in particolare cosa hanno “in più” questi ultimi:
+ 23/26%    sostanza secca
+ 18%         proteine
+ 28%         acido ascorbico
+ 19%         zuccheri totali
+ 13/18%    potassio
+ 10/56%    calcio
+ 0,6/13%    fosforo
+ 29/77%    ferro
+ 49%         magnesio
+ 35%         amminoacidi essenziali
– 69/97%     nitrati
Per renderci conto di cosa significa una carenza approfondisco solamente il magnesio.
Magnesio elemento chimico è diffuso come: magnesite (MgCO3) oppure come dolomite (CaMg(CO3)2). Si trova inoltre nei cerali integrali (crusca) nelle verdure a foglie verdi(clorofilla).
La clorofilla si forma solo ed esclusivamente in presenza di luce. La clorofilla è composta in gran parte dal magnesio, che è il principale esponente dell’immagazzinamento della luce (calore). La stessa struttura dell’emoglobina del sangue umano è uguale alla clorofilla con la sola differenza che al posto del ferro nella clorofilla c’è il magnesio.
Il magnesio è uno degli elementi fondamentale per il nostro organismo, è indispensabili per l’attività di oltre 300 enzimi. La carenza di magnesio non permette un buon funzionamento di importanti reazioni che avvengono, tramite l’azione enzimatica, nel nostro organismo. Non essendoci queste funzioni il nostro organismo avrà delle carenze che ci portano a uno stato di malattia. Il magnesio è importantissimo per l’apparato nervoso lo rilassa, lo nutre, per l’apparato cardiovascolare (nutre i muscoli cardiaci), per l’apparato osseo (fa parte della stessa struttura ossea), infine è utile alla digestione. Molte volte ho la possibilità di incontrare persone stressate con i nervi a fiordi pelle, sempre mi chiedo che livelli di magnesio ciò sono in quelle persone.
Questa breve descrizione dell’importanza del magnesio e di cosa significa una sua carenza, vale anche per tutti il resto dei nutrienti.

Salute: magnesio protegge da rischio ictus (16/01/2012)

Il magnesio protegge dal rischio di incorrere in un ictus: è quanto emerge da uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition da un gruppo di studiosi svedesi del Karolinska Institutet di Stoccolma, secondo cui le persone che mangiano molti cibi ricchi di magnesio – come verdure, noci e fagioli – corrono un rischio inferiore di sviluppare l’ictus, e in particolare l’ictus ischemico (quello, cioè, causato da un coagulo di sangue che ostruisce il vaso sanguigno impedendo al sangue di fluire).

Gli studiosi, che hanno esaminato i dati raccolti da 14 studi per un totale di circa 250 mila soggetti coinvolti, spiegano che a fare la differenza è la sostanza assunta direttamente dagli alimenti, e non tramite integratori: “L’assunzione di magnesio nella dieta è inversamente associata al rischio di ictus, in particolare di ictus ischemico”, spiega Susanna Larsson, prima autrice dello studio. Dallo studio è emerso che per ogni 100 milligrammi di magnesio al giorno assunti il rischio di incorrere in un ictus ischemico è inferiore del 9%. Secondo i ricercatori gli uomini e le donne che hanno superato i 30 anni dovrebbero consumare rispettivamente 420 e 320 milligrammi di magnesio al giorno.

Scegliere un alimento Biologico, non significa solamente rispettare l’ambiente, ma vuol dire anche che teniamo a noi stessi al nostro benessere psico-fisico

DIFFERENZE NUTRIZIONALI 
TRA PRODOTTI BIOLOGICI E CONVENZIALI
prodotto                                   biologico               biologico su                 convenzionale 
                                                  (x 100 g)                convenzionale                 (x 100 g)
Mela zuccheri totali                      8,8 g                        – 7,4%                            9,5 g
Mela vitamina C                         21,6 mg                   + 11,9%                         19,3 mg            
Pomodoro vitamina C                21,8 mg                   + 21,1 %                        18,0 mg
Pomodoro vitamina A                  4,7 mg                   + 34,3 %                          3,5 mg
Carota glucosio                           0,9 mg                    – 30,8%                           1,3 mg   
Carota potassio                       269,0 mg                    + 24,0%                      217,0 mg                  
Patata saccarosio                        1,0 g                       – 58,3%                           2,4 g
Patata fruttosio                            1,2 g                      + 71,4%                           0,7 g
Patata glucosio                            2,0 g                      + 66,0%                           1,2 g
Patata ferro                                 5,7 mg                    + 21,3%                           4,7 mg
Patata calcio                             64,0 mg                    + 13,5%                         56,4 mg
Patata zinco                          1810,0 mg                    + 34,1%                     1350,0 mg           

I dati in tabella si riferiscono a nutrienti che presentano differenze significative (97,5% di probabilità).
Fonte: Ricerca analitica sulla composizione nutrizionale di frutta e ortaggi di coltivazione biologica, Pither & Hall, Memorandum Tecnico 597. Stazione di ricerca Campden. Progetto MAFF 4350. 

Fonte: Jurnal of Agricultural and Food Chemistry        Pubblicato online il  23 aprile  2009
“Three-Year Comparison of the Polyphenol Contents and Antioxidant Capacities in Organically and Conventionally Produced Apples (Malus domestica Bork. Cultivar “Golden Delicious”)
Autori:  Stracke B.A.,  Rfer C.E.,   Weidel  F.P.,  Bub A.,  Watzl B.

Perdita nutrienti

Gli agronomi, dall’inizio del secolo, scorso hanno iniziato una raccolta sistematica di informazioni riguardante la frutta e la verdura consumata.
I dati che emergono da queste analisi, sono a dir poco raccapriccianti, danno le dimensioni di come questa società va incontro alla malnutrizione e alla degenerazione organica.
Ad avvalorare le ricerche di laboratorio e per non aver contestazioni si sono avvalsi degli stessi metodi usati negli anni passati, questo per impedire la famosa frase: ma “ora gli strumenti sono più sofisticati e migliori”!
I dati analizzati e messi a confronto sono i dati disponibili solamente di vari governi.
Cosa si cercava di capire con questa ricerca: “che differenza di sostanze ci sono tra un frutto, una verdura degli anni 1930 e quelli del 2005?”
I risultati sono sconcertanti:
“la frutta e la verdura di oggi mancano delle qualità nutritive di ieri”

Una indagine approfondita la effettuata la dott.ssa Anne-Marie Mayer per il famoso “British Food Journal” che ha studiato 40 tipi di orto-frutta tra il 1936 e il 1991, le sue conclusioni:
“Esistono riduzioni significative dei livelli ci calcio, magnesio, ferro, rame e sodio nelle verdure. E analoghe riduzioni di magnesio, ferro, rame e potassio nella frutta. Il cambiamento più sensibile riguarda il rame nelle verdure, pari a meno di un quinto rispetto a quello riscontrato un tempo”.

Nello studio della patata in Canada, ci sono questi dati di perdita di sostanze preziose:
100% della sua Vit.  A
57%   della Vit. C
57%   del Ferro
28%   del Calcio

Per avere la stessa quantità di Vit. A contenuta nelle arance degli anni passati, oggi dobbiamo mangiarne semplicemente….  OTTO!

Va meglio con le mele per avere gli stessi nutrienti di una mela degli anni 1960 ora bisogna mangiarne solamente…TRE!

Anche il latte ha i suoi seri problemi, dal 1963 ad oggi ha perso il:
13,1% di fosforo
più della metà del ferro
36,1% del calcio
ha in più
77% di sodio
7,3% di lipidi

Il pollo invece, ha perso:
la meta  della Vit. A
lo stesso per il potassio
ha guadagnato
quasi un terzo di grassi 
20,3% di sodio

Gli ibridi, sono in assoluto le varietà di frutta e verdura che hanno perso la maggior quantità di elementi nutritivi, ad esempio una pianta “ibrida”, cioè migliorata, trattiene il 30% di zinco e il 28% di ferro in meno rispetto ad una pianta non “ibrida”.

Le piante “ibride” hanno bisogno di una forte concimazione solitamente chimica e di molta acqua.
E’ stato dimostrato, ad esempio, che l’azoto (chimico) interferisce con la capacità di sintesi della vitamina C di molte piante, mentre i fertilizzanti contenenti potassio limitano la capacità di assorbimento del fosforo, in questo modo la chimica va direttamente a influire sui valori dei nostri cibi.

Come risultato abbiamo della frutta e della verdura, bella gonfia con poco sapore e ricca di acqua e povera di elementi nutritivi, si usa il nuovo termine: dilavamento dei principi nutritivi.

Cosa succede nel nostro organismo?
Noi nel corso dei secoli abbiamo trovato un equilibrio con la natura che ci circonda, da essa traiamo gli elementi necessari per vivere in armonia sia fisica che mentale.
Nel cibo che mangiano, oltre ai picchi di sostanze principali, si trovano dei micro nutrienti che hanno una funzione sinergica e di aiuto per gli elementi maggiori.
Non è che mangiando molto di più, tre mele al posto di una, riusciamo a ristabilire questo equilibrio, importantissimo per il nostro benessere psico-fisico.
Tutt’altro, l’organismo ci segnala che mancano questi elementi e ci invita a consumare più cibo, ma ci ritroviamo nella stessa condizione: sempre squilibrio.
Questo inferno dantesco ha come risultato:
Obesità
Malattie circolatorie
Malattie metaboliche: diabete
Malattie degenerative: tumore 
Sclerosi: indurimento

L’unico apporto sostanziale che questi cibi ci forniscono sono: pesticidi nelle varie specie, gli additivi, i coloranti, i conservanti.

Di queste sostanze, in commercio se ne trovano più di 80.000 e la maggior parte non hanno studi circa i loro effetti sulla salute umana.

Quando si sono resi conto che queste sostanze avevano e hanno anche effetti collaterali gravi, sono arrivati ad un compromesso: da ora in poi quello che mettiamo nel mercato deve avere degli studi (?), per quelli già in commercio, circa 60.000, costa troppo fare gli studi, comunque se risultano nel tempo dei problemi si interviene (!!!???) 

Le mele biologiche, hanno una capacità antiossidante superiore del 15% rispetto a quelle coltivate con l’utilizzo di prodotti chimici. 

Il dibattito in essere da molti anni se i prodotto da agricoltura biologica abbiano un potere nutrizionale superiore a quelli coltivati con utilizzo di pesticidi, diserbanti o prodotti chimici in genere, sembra trovare conferma in favore dei primi grazie ad una ricerca pubblicata sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, (non basta rendersi conto del sapore e del profumo che emanano i prodotto biologici ci vuole sempre la conferma “scientifica”).
Il Federal Research Institute of Nutrition and Food di Karlsruhe (Germania), in un rapporto pubblicato nel mese di marzo 2008 dall’Organic Center dell’America’s Organic Trade Association, sostiene che i prodotti biologici hanno il 25%  di nutrienti in più rispetto ai prodotti chimici.
Il gruppo di ricerca ha confrontato il contenuto di polifenoli e la capacità antiossidante nella mela Goden Delicious coltivata biologicamente e con metodo tradizionale, per un periodo di tre anni (2004 – 2006).
I risultati della ricerca hanno evidenziato una maggiore capacità antiossidante della mela biologica fino al 15% più elevata rispetto a quella coltivata con metodi chimici, per due anni consecutivamente (2005 e 2006).
Nel 2005 il prodotto bio ha evidenziato una presenza di polifenoli ben maggiore sempre rispetto alla mela coltivata con processi chimici.
I ricercatori tedeschi chiariscono che mediamente il prodotto biologico presenta capacità antiossidante mediamente superiore del 12% nei primi tre anni della ricerca.
A favore del prodotto coltivato con utilizzo di prodotto chimici, nel giugno 2007 è stato pubblicato su Nutrition Bullettin  (vol. 32, pag. 104-110), autore Claire Williamson del British Foundation, un articolo che, pur sostenendo la sostenibilità dell’agricoltura biologica, afferma che una buona parte della comunità scientifica è schierata in favore del prodotto coltivato con l’utilizzo di pesticidi, in quanto ad oggi, non esistono sufficienti evidenze per sostenere che il prodotto bio abbia maggiori poteri nutrizionali.
Faccio notare che i sostenitori del prodotto chimico, solitamente sono finanziati, nelle loro ricerche che trovano ampio spazio nelle riviste scientifiche internazionali, dalle industrie che producono pesticidi.

Questa ricerca non viene presentata in modo appropriato: il prodotto biologico non è più ricco, il prodotto biologico è equilibrato.
Il prodotto chimico è vistosamente carente, questo è il concetto base e fondamentale.

Frutta

Se non è biologica bisogna levare la buccia, per il semplice fatto che i pesticidi si depositano proprio in questa parte, anche se molte volte riescono anche a penetrare a fondo.
Eliminare la buccia, dove è possibile e auspicabile mangiarla, è come mangiare raffinato.
Riporto uno studio, anche se non serve dire cosa significa eliminare questo prezioso ingrediente:

La mela, compresa la buccia, è una fonte di prevenzioni di molti tumori 

Reagan-Shaw e colleghi della University of Wisconsin hanno pubblicato nel 2010 uno studio su Nutrition and Cancer avente per titolo “Antiproliferative effects of apple peel extract against cancer cells”, nel quale è stato indicato un rapporto inverso tra il consumo delle mele compresa la buccia e il rischio di contrarre parecchi tipi di cancro. 
Gli studiosi hanno sottolineato che è proprio la buccia a garantire la prevenzione grazie alle forti concentrazioni di antiossidanti in questa parte del frutto troppo spesso scartata.
Questo studio si aggiunge ad un altro condotto dai ricercatori americani della Cornell University, i quali hanno individuato nella buccia delle mele Red Delicious diverse sostanze che potrebbero diminuire il rischio di sviluppare tumori.
I triterpenoidi, questo il nome delle sostanze, svolgono infatti un’azione di contrasto contro lo sviluppo delle cellule cancerose, fino ad eliminarle direttamente. 
Le sostanze protettive si dimostrano particolarmente efficaci contro lo sviluppo di alcune tipologie di tumore, come quello al fegato, al colon e al seno. In precedenti studi, i ricercatori avevano già utilizzato con successo le sostanze contenute nelle mele (flavonoidi e fenoli) per combattere le cellule tumorali in laboratorio e per ridurre il numero e la grandezza dei tumori mammari nei ratti. 
I ricercatori pensano che i triterpenoidi siano i maggiori responsabili per gli effetti antitumorali. Ma non basta, in quanto sempre i ricercatori della Cornell University hanno anche individuato nelle mele sostanze protettive contro l’Alzheimer. 

tratto da http://it.greenplanet.net/ del 6 aprile 2009

“Non basta lavare la frutta!”
Dagli Usa arriva l’ennesima conferma che alimentarsi con prodotti biologici è ben più di una scelta dettata dalla moda: rappresentano l’unica difesa contro i pesticidi.

Secondo l’Environmental Working Group, una organizzazione che si occupa di ricerca ambientale, “all’interno della comunità scientifica è sempre più condivisa l’opinione che anche in piccole dosi pesticidi e sostanze di sintesi possono danneggiare l’uomo, soprattutto in quelle fasi, come lo sviluppo fetale e l’infanzia, quando l’assunzione potrebbe avere effetti di lunga durata. Il lavaggio di frutta e verdura – ammoniscono – riduce la concentrazione dei pesticidi ma non li elimina”. 

“Togliere la buccia non è soluzione migliore, perché in questo modo vengono buttate preziose sostanze nutritive. La migliore opzione è quella di scegliere una dieta varia, lavare la frutta e scegliere, dove possibile, biologico”. 

Altra ragione per sostenere la coltivazione biologica è che le aziende che la praticano sono generalmente di piccole dimensioni e questo facilita l’adozione di sistemi di conservazione consapevoli, con uno sforzo maggiore per limitare l’impatto sull’ambiente. 
A conferma che “biologico” significa “gusto migliore”, l’Environmental Working Group cita il famoso caso degli scimpanzé dello zoo di Copenaghen che, nel 2002, di fronte alla possibilità di scegliere tra banane convenzionali e biologiche, hanno preferito il frutto bio che poi hanno mangiato direttamente con la buccia. Fatto inedito dal momento che non si azzardavano a mangiare frutta convenzionale senza averla prima sbucciata. 

L’associazione suggerisce, con grande pragmatismo, di optare, intanto, per 6 alimenti biologici. Questo per non rivoluzionare le abitudini alimentari e, soprattutto, per evitare il collasso finanziario. 

Latte e derivati: Latte, yogurt e formaggi sono utili e necessari, specialmente per i bambini, ma spesso negli allevamenti integrano la dieta degli animali con ormoni e antibiotici. 

Patate: Sono tra le verdure con più pesticidi. Continuano a contenere residui dopo essere state lavate e sbucciate. 

Carne (pollame e uova): I prodotti di origine animale possono contenere antibiotici, ormoni e anche i metalli pesanti come arsenico, che viene usata per stimolare una crescita più rapida. 

Ketchup: al di là dei pesticidi, è stato dimostrato come la variante bio contenga quasi il doppio di antiossidanti. 

Mele: Le mele sono la frutta più imbottita di pesticidi. 

Caffè: la coltivazione di convenzionale si basa fortemente su l’utilizzo di pesticidi e contribuisce alla deforestazione in tutto il mondo

“Cibo spazzatura” fa male al nascituro (Ansa 01-07-2008)

Mangiare cibo spazzatura, patatine, snack e merendine in gravidanza fa male al nascituro con conseguenze anche a lungo termine. Lo dimostra uno studio sui topolini pubblicato sul Journal of Physiology. I cuccioli nati da mamme con diete ricche di cibi che fanno male presentano colesterolo e trigliceridi alti, sovrappeso, insulina e glicemia elevate, anche quando sono alimentati in modo salutare. Inoltre manifestano maggiore desiderio di mangiare a loro volta cibo spazzatura, hanno spiegato Stephanie Bayol e Neil Stickland del Royal Veterinary College, Londra. Bisognerebbe mangiare bene sempre, a maggior ragione in gravidanza. Ma i ricercatori hanno voluto vedere cosa succede se si trasgredisce questa regola. Così hanno nutrito topoline gravide con cibo spazzatura. I cuccioli che ne sono nati hanno manifestato molti problemi di cui tipicamente soffre chi mangia male. Anche quando venivano nutriti con una dieta sana questi cuccioli avevano livelli ematici alti di colesterolo e trigliceridi, di zuccheri e insulina ed erano sovrappeso.
Secondo gli esperti questi risultati sono di certo trasferibili anche agli esseri umani, da qui un consiglio ulteriore alle aspiranti mamme oltre a quelli consueti di non bere e non fumare in gravidanza: non mangiare cibi spazzatura perché i vostri bimbi ne potrebbero risentire vita natural durante.

Tracce di diossina sopra soglia in latte materno (Ansa aprile 2008)    

Una concentrazione di diossina e pcb (policlorobifenili) superiore di circa 25 volte la dose tollerabile giornaliera stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità è stata rilevata in tre campioni di latte materno di altrettante donne di Taranto. Le analisi sono state commissionate dall’associazione di volontariato ‘Bambini contro l’inquinamento’, presieduta dal pediatra Giuseppe Merico.
Ne dà notizia la stessa associazione ricordando che circa due mesi fa, l’Arpa Puglia scoprì, su denuncia dell’associazione ‘Peacelink’, tracce di diossina e di Pcb in un formaggio prodotto artigianalmente con latte proveniente da uno dei due allevamenti che si trovano a poca distanza dallo stabilimento ‘Ilva’ di Taranto, ritenuto il principale responsabile dell’inquinamento da diossina nell’area. I risultati furono confermati da analisi fatte dall’istituto zooprofilattico di Teramo indicato dal ministero della salute. Tracce delle stesse sostanze furono poi trovate nel sangue di dieci cittadini e nel latte prodotto da altre due aziende casearie: tutte e quattro le aziende furono sottoposte a fermo sanitario.
“Le analisi sul latte materno che abbiamo fatto eseguire al Laboratorio Inca di Lecce – sottolinea Merico – confermano i nostri sospetti. La diossina ce la ritroviamo ovunque”. “Servono – conclude Merico – risposte concrete da parte delle istituzioni: la nostra associazione, che ha mobilitato il 29 marzo scorso oltre 10.000 persone in una marcia contro l’inquinamento, proseguirà la battaglia in difesa dei bambini”.

MICHEAL TAYLOR è stato nominato 2009 da Obama (USA) responsabile e super visore per il controllo della qualità della FDA.
Questo personaggio nel 1991 lavorava per la Monsanto e ha fatto approvare l’uso dell’ormone geneticamente modificato da dare alle mucche affinché facessero più latte e ha vietato che si possa risalire tramite tracciamento se un latte viene prodotto usando questo ormone oppure no!
Negli USA uno dei problemi attuali: le bambine di 5 anni hanno il ciclo mestruale regolare!

Con dieta sana donne allontanano depressione (Ansa 14 gennaio  2010)

La ricerca è stata condotta dall’Università di Melbourne

SYDNEY – Uno studio australiano ha scoperto che le donne con una dieta sana – frutta, verdure e pochi grassi – hanno un rischio assai minore di soffrire di ansia, depressione e disturbi di cuore. La ricerca, condotta dall’Università di Melbourne, è stata pubblicata sull’American Journal of Psychiatry.

Un campione di 1.046 donne, di età compresa tra i 20 e i 93 anni, è stato seguito per 10 anni, attraverso questionari sulla dieta, sulla salute fisica e mentale e con analisi di laboratorio. Dallo studio è emerso che i problemi mentali sono assai più frequenti nelle donne con una dieta ricca di cibi grassi o altamente raffinati. L’autrice della ricerca, Felice Jacka, ha spiegato all’Ansa: “Una cattiva dieta ha effetti negativi sul sistema immunitario, e questo, attraverso un’infiammazione sistematica dell’organismo, porta scompensi psichici.

L’infiammazione, asintomatica, è rilevabile solo attraverso analisi di laboratorio. Una corretta alimentazione comprende verdura, frutta, pesce, legumi, cereali integrali”. E la dieta mediterranea? “E’ assai sana – risponde Jacka -. Ma bisogna ricordare che quello che non si mangia è altrettanto importante: via zuccheri e grassi, che, tra l’altro, riducono il livello di fondamentali proteine presenti nel cervello.

Il cibo conservato potrebbe causare forme di depressione

Le cause della depressione, sempre più diffusa in Italia come in tutti i Paesi industrializzati, sono diverse, ma pare che anche l’alimentazione abbia il suo peso. L’imputato, in questo caso, è il cibo conservato, che priverebbe l’organismo della necessaria quantità di antiossidanti.
Un gruppo di ricercatori dell’University College of London, ha condotto per cinque anni una ricerca su 3486 volontari con un’età media di 55 anni, tutti impiegati nei servizi civili di Londra.
Dall’analisi dei dati si è scoperto che seguire una dieta a base di cibi trattati e conservati aumenta del 58% il rischio di cadere in depressione rispetto a seguire una dieta sana a base di frutta, verdure ed alimenti freschi. I cibi trattati tenuti sotto controllo nello studio sono stati: insaccati, desserts e snacks, cibo fritto, latticini ad elevato contenuto di grassi. La differenza parrebbe essere nella ricchezza di antiossidanti e acidi polinsaturi contenuti nei cibi come frutta, verdura e pesce fresco, elementi che proteggono l’organismo umano dalla depressione.
Fonte: The Bristish Journal of Psychiatry (2009), 195, 408-413
Titolo: Dietary pattern and depressive symptoms in middle age
Autori: Akbaraly T., Brunner E., Ferrie J., Marmot M., Kivimaki M., Singh-Maoux A.

http://www.apcom.net/newscronaca/20100329_122701_2f1031b_85543.html

Alimenti/Coldiretti: 41% bambini dipendenti da cibo spazzatura

Ricerca Usa sui ratti prova ciò che molti vivono ogni giorno 
Roma, 29 mar. (Apcom) – Cresce tra i giovani italiani il consumo di cibo spazzatura, ovvero hamburger, patatine fritte, merendine dolci grassi e bibite ricche di zucchero. Il 41% dei bambini ne fa uso ogni giorno, mentre il 23% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e verdura. Lo afferma la Coldiretti dopo l’allarme lanciato dai ricercatori della Florida su ‘Nature Neuroscience’, che hanno verificato come sui ratti, per effetto di una alimentazione scorretta, scattano vere e proprie crisi di astinenza quando si cerca di smettere di mangiare i piatti più saporiti ma meno salutari. “Si tratta di una prova scientifica i cui sintomi sono peraltro ben noti nell’esperienza quotidiana di molti genitori con il risultato che – sottolinea la Coldiretti – secondo l’ultima indagine ‘Okkio alla Salute’ del ministero della Salute in Italia, più di un bambino su tre di età compresa tra i 6 e gli 11 anni pesa troppo e in particolare il 12,3% dei bambini è obeso, mentre il 23,6% è in sovrappeso soprattutto per le cattive abitudini alimentari. Pane, pasta, frutta, verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, secondo i principi della dieta mediterranea, hanno consentito agli italiani di conquistare un record della longevità: in Italia, ricorda la Coldiretti, è pari a 78,8 anni per gli uomini e a 84,1 anni per le donne, nettamente superiore alla media europea. 

http://italiasalute.leonardo.it/benessere/acuriositat.asp

Il cibo “spazzatura” crea dipendenza
Ricerca americana punta il dito contro il “junk food” 
(Rainews 24 29/03/10)

Attenti alla dipendenza da cibi grassi! A metterci in guardia contro hamburger, patatine fritte e merendine è una ricerca proveniente da uno dei paesi più a rischio in tal senso, gli Stati Uniti. 
I medici dell’Istituto Scripps di Jupiter, in Florida, sostengono che ciò che viene definito negli States “junk food”, vale a dire quel tipo di alimentazione che ha scarso valore nutrizionale, ma molte calorie e grassi, può creare anche una forma di dipendenza simile a quella prodotta dal fumo o dall’alcol.
Paul Johnson e Paul Kenny hanno pubblicato i risultati della propria ricerca su Nature Neuroscience, dopo aver sperimentato su cavie da laboratorio gli effetti perversi del cibo spazzatura. Con un consumo regolare e continuato nel tempo di cibi grassi si indebolisce l’attivazione dei circuiti cerebrali della ricompensa, che al contrario dovrebbero entrare in funzione quando si prova piacere. I topolini sono stati nutriti a base di bacon, salsicce, dolci e cioccolato, ingrassando notevolmente in poco tempo. In maniera progressiva, anche la loro sensibilità alla ricompensa è calata, così come avviene in chi subisce una dipendenza da droga. La dipendenza agisce da agente negativo, impedendo al cervello di lanciare il segnale di stop anche quando il consumo della sostanza diventa nocivo per la salute.
Per provare la loro tesi, i ricercatori americani hanno associato il consumo dei cibi grassi a una leggera scossa elettrica; i topi normali rinunciavano subito alla sostanza proposta, mentre quelli già obesi non riuscivano a farne a meno e tolleravano il dolore pur di continuare a mangiare.
Oltre al piacere legato al gusto dell’alimento, dobbiamo stare attenti a non cadere in una vera e propria dipendenza, ancora più difficile da sconfiggere. 

Alimentare: Prodotti Low Cost all’attacco il Made in Italy (Ansa 08/11/2008)

Il prezzo è allettante, ma secondo gli esperti la qualità nutritiva è nettamente inferiore. Sono i prodotti ortofrutticoli low cost provenienti dall’estero che, se attirano i consumatori per la convenienza, non hanno pari con i loro omologhi italiani per l’apporto di antiossidanti e vitamine.
Dalle cipolle, all’aglio, a pesche, albicocche, uva, mele ed agrumi, la frutta e verdura proveniente da Argentina, Cile, Cina, Spagna, Portogallo e Tunisia rappresenta, secondo la Coldiretti, il 10% di quella in vendita. Ma se questi prodotti non deludono, soprattutto per il prezzo, per il nutrizionista Giorgio Calabrese, le cose cambiano per i nutrienti presenti.
 “Il microclima in cui vengono coltivati – spiega Calabrese – assicura loro una netta superiorità per la presenza di antiossidanti e vitamine, in particolare per agrumi, aglio e cipolle”. Le arance italiane, ad esempio – sottolinea il nutrizionista – “hanno il doppio di sostanze benefiche rispetto a quelle straniere, che si trovano in vendita anche in estate. L’aglio italiano, invece, contiene solfuro d’allile e antiossidanti di un certo livello che non hanno paragone con quello proveniente dalla Cina. E la cipolla di Tropea è quasi irripetibile anche per il contenuto di caroteni”. Lo stesso discorso vale per pesche e albicocche da Spagna, Portogallo e Tunisia, e per l’uva cilena, argentina o brasiliana. Questi prodotti, proprio perché simili all’originale – rileva Coldiretti – “spesso vengono spacciati dai venditori per italiani”.
E così “limoni argentini o spagnoli si trovano in vendita come ‘limoni della costiera amalfitana, mele argentine o cilene vengono vendute come trentine, fagioli e aglio asiatico come fagiolo di Lamon e aglio bianco del Polesine”. Secondo l’organizzazione, a tutela dei prodotti italiani sono quindi necessari controlli sul rispetto delle norme sull’etichettatura, che obbligano a indicare l’origine degli alimenti con appositi cartelli.
La Cia, invece, lamenta le speculazioni sui diversi costi di produzione, e chiede “di poter giocare alla pari almeno sulla sicurezza alimentare, attraverso controlli alla frontiera più severi”. Dallo stesso Calabrese, invece, è giunto l’invito agli agricoltori italiani a “darsi l’obiettivo di vendere i prodotti tipici a minor prezzo per un certo periodo, considerato che siamo in un periodo di vacche magre”. Il nutrizionista dà anche un suggerimento ai consumatori: “comprate i prodotti a chilometri zero, dai produttori vicino a dove abitate”. La guerra al made in Italy, comunque, è anche più forte all’estero, dove Coldiretti stima “sia falso un piatto italiano su tre con il fatturato dei prodotti made in Italy taroccati che supera i 50 miliardi di euro”.

Allergie alimentari, boom tra più piccoli (ANSA.it 08/05/2010)
Shock anafilattici da cibo aumentati di 7 volte in 10 anni, soprattutto a scuola (di Maria Emilia Bonaccorso) 

Crescono le allergie alimentari, soprattutto fra i più piccoli, e le crisi anafilattiche una volta su tre esplodono fra i banchi di scuola dove solo raramente il personale è addestrato a gestire l’emergenza. Sono oltre mezzo milione gli under 18 allergici ai cibi e 270mila i bimbi fra zero e cinque anni che soffrono di allergia a uno o più alimenti: cinquantamila non tollerano noci, nocciole e arachidi, circa ottantamila le uova, centomila sono allergici al latte vaccino. Il problema è in continua crescita, come segnalano gli esperti in occasione della Settimana Mondiale dell’Allergia Alimentare, dal 9 al 15 maggio. Negli ultimi dieci anni il numero dei bambini allergici è cresciuto del 20 per cento, mentre i ricoveri per shock anafilattico nella fascia fra 0 e 14 anni sono aumentati di sette volte e le visite ambulatoriali pediatriche per allergie alimentari sono triplicate. Il cibo è un pericolo per sempre più bambini e ragazzi. Circa 5000 bambini con meno di 5 anni sono a rischio di reazioni allergiche gravi che possono costar loro la vita, se vengono accidentalmente in contatto con gli alimenti proibiti; si stima che ogni anno nel nostro Paese siano circa 40 i morti per anafilassi, molti dei quali non riconosciuti come allergici. 

“L’allergia alimentare, in particolare verso latte, uova e nocciole è la causa più frequente di shock anafilattico e spesso segna l’inizio dell’evoluzione verso altre malattie allergiche quali la rinite e l’asma – spiega Maria Antonella Muraro, responsabile del Centro dedicato allo Studio e alla Cura delle Allergie e delle Intolleranze Alimentari dell’Università di Padova (www.centroallergiealimentari.eu) – Sono in corso nel mondo sperimentazioni di possibili cure che vanno dalla desensibilizzazione per via orale o sublinguale ai preparati contenenti estratti derivati dalle erbe cinesi, fino alla realizzazione di veri e propri vaccini”. L’allergia più frequente è quella al latte vaccino: non lo tollerano oltre 100mila bimbi fra zero e cinque anni, costretti a ricorrere a latti speciali molto costosi, spiega ancora Muraro. 

Un grosso problema, perché se i piccoli non introducono un adeguato sostituto del latte vaccino possono andare incontro a gravi squilibri nutrizionali con una compromissione della crescita e vera e propria malnutrizione e un barattolo da 400 grammi di latte speciale per bambini allergici alle proteine del latte vaccino costa dai 20 ai 48 euro, informa Marcia Podestà, presidente di Food Allergy Italia (www.foodallergyitalia.org), che fa parte di una rete internazionale di 15 Associazioni di pazienti con allergie alimentari. La spesa mensile si aggira così in media sui 500 euro e per i primi due anni di vita, in cui tali latti sono indispensabili, le famiglie italiane spendono complessivamente oltre 50 milioni di euro ogni anno. in Italia solo Lombardia, Friuli e Sardegna coprono i costi dei latti speciali, che altrove sono totalmente a carico della famiglia”. Pochissimi infine i ragazzi allergici che portano con se la penna salvavita con adrenalina: gratuita per i pazienti dal 2005, è tuttora impiegata poco o male in molte Regioni, soprattutto al Sud.

DA LATTE A NOCCIOLE, A QUANTI IL CIBO FA MALE

Latte prima di tutto, poi uova, noci e nocciole. Sono i cibi che provocano più allergie. Questi i numeri in Italia del fenomeno sempre più in crescita diffusi in occasione della settimana mondiale dell’Allergia Alimentare che parte domani.  
– 40. Si stima che siano tanti ogni anno (200 negli Stati Uniti) i morti per crisi anafilattiche molti dei quali non riconosciuti come allergici.  
– 40.000. Sono i piccoli che non tollerano grano, pomodoro, soia, crostacei, frutta e verdura 
– 50.000.I bambini che non tollerano noci e arachidi.  
– 80.000. Sono i bimbi allergici alle uova.  
– 270mila. Sono i bimbi con meno di 5 anni che soffrono di allergie alimentari, 5000 sono a rischio di reazioni allergiche gravi che possono costar loro anche la vita.  
– 100.000. Sono così in tanti a soffrire di allergia al latte vaccino, la piu0′ frequente. Non lo tollerano oltre 100mila bimbi al di sotto dei 5 anni, costretti a ricorrere a latti speciali con una spesa complessiva per le famiglie di oltre 50 milioni di euro all’anno.  
– 570.000. Sono gli under 18 soffrono di allergie alimentari: 270mila i bimbi tra 0 e 5 anni; 150mila i bimbi tra 5 e 10 anni e circa 150mila tra 10 e 18 anni. 
– 1,5 milioni. Sono gli adulti allergici ad alimenti, pari al 3-4% della popolazione generale.

http://staibene.libero.it/articolo__228379_salute_1.html?refresh_cens

Tumori, la prevenzione parte dall’intestino
Meno alte le difese intestinali, più elevato il rischio di sviluppare diverse forme di cancro

L’intestino è un organismo chiave per la lotta contro i tumori. Attrezzarlo in modo che sia ben protetto costituisce un passo avanti fondamentale, per limitare al massimo i rischi di sviluppare diverse forme di cancro in varie parti del corpo. È la tesi conclusiva di uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “PLoS One” da un gruppo di ricercatori della Thomas Jefferson University.

Cosa indebolisce la barriera intestinale
Dalla ricerca emerge che il recettore dell’ormone guanilato ciclasi C (GC-C) – un soppressore già noto presente nel tratto intestinale – svolge un ruolo chiave nel rafforzare la barriera intestinale e quindi a separare l’ambiente intestino dal resto del corpo. Senza il recettore, la barriera si indebolisce.
Il team guidato da Scott Waldman, capo del dipartimento di Farmacologia e Terapia sperimentale presso la Jefferson e direttore del Programma di Cancro gastrointestinale al Jefferson Kimmel Cancer Center, ha scoperto in uno studio preclinico che il silenziamento del GC-C nei topi compromette l’integrità della barriera intestinale, permettendo a eventuali agenti cancerogeni di fuoriuscire e danneggiare anche il DNA di tessuti esterni all’intestino. Al contrario, la stimolazione del GC-C negli intestini nei topi ha rafforzato la barriera intestinale e ha impedito la contaminazione di tali effetti patologici. Mentre era già noto che una debole barriera intestinale fosse fonte di numerose malattie, tra cui infiammazioni, asma e allergie alimentari, questo studio fornisce nuove prove circa il fatto che la GC-C svolge un ruolo nella integrità…

Come alzare le difese
“Se la barriera intestinale si rompe, diventa una via di accesso al mondo esterno e una fonte di debolezza per l’ambiente interno”, ha detto Waldman. “Quando questi due mondi collidono, allora si possono generare numerose malattie, come infiammazioni e cancro”.
Lo studio pone le basi per futuri studi pre-clinici e clinici diretti a comprendere le capacità di GC-C negli esseri umani, inclusa la prevenzione e il trattamento delle malattie infiammatorie intestinali e del cancro. 
Se si vuole prevenire l’infiammazione intestinale o certi tipi di cancro negli esseri umani, dobbiamo cominciare a intervenire sugli ormoni che attivano GC-C per ispessire la barriera intestinale”.

Ferdinando Donolato