Farina

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Dal latino far, farro. Anche in questo caso, bisogna sempre chiederci da che tipo di grano proviene questa farina? Un grano utile al nostro organismo oppure un grano a norma di legge che però con noi non centra niente? Dal grano si ottiene due tipi di farina, quella di grano duro per la pasta e quella di grano tenero per il pane, i dolci, la pizza, i crackers… Le pasti alimentari da cuocere sicuramente derivano dall’antica lasagna  (laganum) di pasta sfoglia presente tra i Romani e forse tra gli Etruschi. Questa pasta sfoglia era cotta al forno in timballi di pasta e ricotta o fritta nell’olio e dolcificata con il miele. La pasta fino a pochi anni fa era un cibo legato ai giorni di festa. Verso la fine del settecento comincia ed essere più usata, per esempio nel Veneto ogni famiglia abbiente preparava in casa i bigoli integrali con la trafila in bronzo. Piano piano si diffonde questa pratica e le donne diventano abilissime nel preparare le paste fatte in casa con la farina di grano tenero unita all’uovo. A Napoli la pasta viene fatta seccare per le strade su apposite pertiche. Gli spaghetti di grano duro sono un’invenzione dell’ottocento. Solamente dopo il 1960 la pasta si diffonde in ogni famiglia come alimento quotidiano in Italia e nel mondo. Questo successo è dovuto al poco tempo che si può dedicare alla cucina e questo ci deve far pensare: le attuali abitudini alimentari sono recentissime. Anni fa la farina utilizzata per fare la pasta era integrale, mentre oggi le paste sono solamente bianche, cioè composte principalmente da amido, perdendo in questo tutto il loro naturale valore nutritivo. La farina bianca ha cominciato a diffondersi verso la fine del 1800 quando sono stati inventai i molini a cilindri metallici. Il perché di questo enorme successo è assai chiaro: il bianco voleva dire pulito, lusso, candido, dopo il periodo buio del medioevo non poteva che essere un successo. Altro vocabolo per indicare questa tipologia di farina è “raffinata”, che indica qualcosa di delicato, gentile, bello, per cui, nutrirsi di qualcosa di integrale diventa quasi “sudiciume”, riflettiamo su questo particolare. 

Questi molini riescono a separare molto bene le varie parti del grano, con produzioni di farine che a noi lasciano molti dubbi sul loro potere “energetico – vitale”. I cilindri metallici riscaldano la farina e così sono perse le preziose vitamine e gli enzimi. Il ferro (acciaio) dei cilindri rilascia ioni alla farina, modificando l’alimento che il nostro organismo era abituato a conoscere.  L’altra faccia della medaglia, per chi desidera, è che si trova facilmente anche la farina integrale macinata come si deve, ovvero usando macine a pietra che girano lente, affinché la farina non si riscaldi, non abbia problemi di ioni di ferro e la sua ossidazione sia ridotta di molto. Queste macine permettono una minore frantumazione delle strutture cellulari, questo consente di conservare ancora gran parte dell’attività enzimatica del frumento. La pasta che conosciamo viene essiccata con concorrenti di aria calda. Più quest’aria è calda, più in fretta, ovviamente, si asciuga la pasta. Questo metodo distrugge gli enzimi contenuti nella pasta, utili per la sua digestione. Per fortuna in commercio si trovano: paste di grano non radiate, macinate a pietra e asciugate lentamente, questo è cibo per la nostra mente e il nostro fisico. Le paste industriali “a termine di legge” di solito sono cibo utile alla “classe medica e le industrie farmaceutiche”. L’uso eccessivo di pasta bianca, amido, oltre a causare muco con conseguenti raffreddori, bronchiti, sinusiti, otiti, comporta anche un deposito di colle nel sistema sanguigno con la conseguenza di una cattiva fluidità del sangue e la formazione di ateromi.

Con la farina si fa un cibo conosciuto in tutto il mondo: la pizza.
Sono sicuro che pochi di voi hanno avuto l’occasione di leggere cosa ne pensava il famoso Collodi, l’autore de il “Pinocchio” nel suo saggio “Viaggio per l’Italia di Giannettino” (1886)
questa è la sua descrizione:
“Vuoi sapere che cos’è la pizza?
È una stiacciata di pasta di pane lievitata e abbrustolita in forno, con sopra una salsa di ogni cosa un po’.   Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo verdicchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzetti rossi qua e là di pomidoro danno alla pizza un’aria di sudiciume complicato che sta benissimo in armonia con quello del suo venditore.”
Collodi in gastronomia non ha avuto l’intuito che aveva nello scrivere fiabe.
La pizza è la parola italiana più famosa al mondo, ma scopriamo assieme alcune cose che ci ha dato la possibilità di osservare nel suo breve scritto:

  1. la pasta era integrale,
  2. la lievitazione era naturale, cioè con pasta madre: a quel tempo non circolava ancora il lievito,
  3. i condimenti erano semplici, ma davano un alimento completo,
  4. non aveva la mozzarella.

Grazie Collodi per queste preziose informazioni.

Ferdinando Donolato